sabato 6 dicembre 2008

Pensieri notturni


# Partita godibile, se non siete tifosi dei Lakers, quella tra LA e Washington di questa notte. I Lakers sono andati ad un passo dal chiudere la partita in un quarto, salvo poi incappare nel consueto passaggio a vuoto delle ultime uscite.

# Il buzzer beater concesso a Caron Butler questa volta ha trovato il ferro, ma il problema reale sarebbe non ridursi al rischio finale contro una squadra che, diciamocelo chiaramente, ti è nettemente inferiore.

# Ma non mi sembra tanto un problema tecnico, anche perchè la difesa che volevamo vedere c'è stata nelle prime uscite stagionali. Caron Butler è un signor attaccante, come Atawn Jamison, ma troppo spesso sono arrivati con facilità irrisoria al ferro. Se poi concedi troppi punti facili, gli avversari tendono ad andare in ritmo.

# Cleveland sembra non aver intenzione di fermarsi davanti a nulla e nessuno. Nel primo scontro con gli Indiana Pacers at the Q, i Cavs avevano incontrato qualche difficoltà di troppo, dovendo rientrare da una situazione di netto svantaggio (anche dodici punti). I Pacers sono usciti dall'arena con poche ossa al loro posto.

# LeBron James sta difendendo per davvero. Stanotte un'altra stoppata extraterrestre su Brandon Rush, un lavoro favoloso sulle linee di passaggio ed alcuni recuperi che per un 2.02 dovrebbero essere proibitivi.

# Quanto serviva Mo Williams a questa squadra. Ci ha messo un po' per capire che da queste parti se non difendi forte, vedi poco campo, ma l'ex Milwaukee sta dando il suo apporto alla causa. Con la sua abilità di crearsi il tiro dal palleggio, le squadre avversarie devono fare i conti anche con la sua penetrazione. LBJ uno-contro-quattro forse no, ma uno-contro-tre ti fa male.

# I Pistons si affidano ancora una volta all'improvvisazione offensiva e difensiva. Stavolta è un veterano, Donyell Marshall, a firmare la sconfitta. I Pistons non trovano continuità di risultati perchè non hanno continuità di gioco. Correggo, non hanno un gioco. Contro gli Spurs sembravano tornati in auge alcuni giochi di Saunders, prontamente spariti nella sconfitta interna contro i Sixers.

# 43 subiti nell'ultimo quarto di "gioco", ovviamente per i Warriors di Don Nelson. Ormai non fa più nemmeno notizia, ma tanto per dare un'idea, i Cavaliers ne hanno concessi meno (38) nei primi due quarti della partita contro i Pacers. Ah, il punteggio finale è 131-112.

# Nessuno si aspettava una ripresa già dalla prima partita di Jay Triano, ma i Toronto Raptors in questo modo si guadagnano ampie probabilità di range alto al prossimo draft. Utah è arrivata con facilità disarmante in vernice per tutta la partita, Bargnani è rimasto a fare l'ala piccola prendendo i resti da C.J.Miles e Kirilenko e sostanzialmente sono stati i più brutti Raptors della stagione.

lunedì 1 dicembre 2008

Right Thinking of the Night - Pensieri notturni (capitolo 3)


  • Le difficoltà dei Pistons, perchè è evidente che ci siano, non mi sembrano tanto legate all'arrivo di Allen Iverson, quanto alla totale assenza di un sistema di gioco adatto ai cinque in campo.

  • Se è vero che l'arrivo di Iverson influisce fino ad un certo punto, la partenza di Chauncey Billups influisce, e tanto. La scelta di Dumars è chiara: estirpare le radici di un sistema che non ha portato, in sostanza, tanti risultati e ripartire da un progetto nuovo che permetta a Curry di applicare il suo stile di gioco.

  • Per quanto riguarda Portland sono anche stanco di ricercare aggettivi calzanti. Aldridge è a livelli da All Star, Roy è alla guida di una 355 Maranello senza targa ed il supporting cast sta svolgendo un lavoro "bostoniano". Qualcuno dice vivano troppo del tiro in jump, ma c'è tiro in jump e tiro in jump. I Blazers fanno una cosa che poche squadre di questa lega eseguono con continuità: costruiscono buoni tiri "sharing the ball" (condividendo il pallone). Hanno ottimi tiratori, che amano passarsi il pallone ed usano bene i 24 secondi per costruirsi il tiro migliore. Logicamente quel tipo di tiro ha una percentuale di realizzo maggiore, rispetto ad uno preso senza costruire nulla.

  • Il secondo lato della medaglia Iverson, si chiama Billups. Lui l'attitudine di questa squadra l'ha cambiata, poco da dire in proposito. I Nuggets vincono semplicemente affidandosi a lui nel momento decisivo della partita. Chauncey, oltre alle doti tecniche, ha portato leadership in questa squadra, emergendo dopo poche partite come il reale go-to guy.

  • Non so se per merito di Billups o meno, ma Denver adesso difende. Ancora molto da lavorare sulla difesa one-on-one, ma di squadra andiamo infinitamente meglio.

  • 43 nel quarto conclusivo. Non benissimo per una squadra come i Suns, che ad inizio anno aveva promesso di cambiare totalmente sistema di pallacanestro. E' chiaro che c'è una certa qual discrepanza tra quello che abbiamo visto ad inizio stagione e quanto stiamo "ammirando" attualmente. A cosa sia dovuta effettivamente, forse non è chiaro nemmeno a Porter. Se l'obiettivo è contendere per il titolo, male eh.

  • Terza vittoria di fila per i Nets, che dal viaggio ad ovest portano a East Rutherford un souvenir da 3 vittorie ed una sola sconfitta. Vittorie, tra l'altro, di tutto rispetto se si pensa che due di queste sono arrivate contro avversarie del calibro di Phoenix e Utah. Una rinascita? Presto per dirlo, ma i Nets vedono salire abbastanza nettamente le loro quotazioni in questa fase di regular season.

  • Forse un tantinello azzardate le dichiarazioni di Bosh, di qualche giorno fa. Per puntare all'MVP Award bisogna avere soprattutto doti di leadership; elemento che difetta chiaramente nell'esplosivo composto chimico di CB4. Il match di stanotte poteva essere un'ottima opportunità per brillare e dare un senso alle dichiarazioni settimanali, ma il buon Chris, come spesso gli accade, si è eclissato dal campo contro un frontcourt di livello. MVP? Hai dato uno sguardo alle prestazioni dei tuoi contendenti, Chris?

  • I Lakers mettono paura più della passata stagione. Vincere le partite con Kobe in campo una media di 30 minuti non è tanto scontato per i Lakers, nonostante gli interpreti "secondari" abbiano doti fuori dalla norma.

RTU Prospetcs: Derrick Rose illumina il Wachovia


Federico Buffa qualche giorno fa ha detto a proposito di Derrick Rose "questo è uno vero". Il prodotto di Memphis, ha messo in mostra tutta la sua efficacia, risultando il fattore principale nella vittoria dei suoi Bulls, ai danni dei Philadelphia 76ers. Partendo dalle sue penetrazioni, Chicago ha costruito il vantaggio, ma Derrick non ha dimostrato solo di saper attaccare il canestro: la doppia-doppia con i 10 assist è quantomeno sintomo di una maturazione che già in un anno dovrebbe portarlo qualche gradino sopra.

domenica 30 novembre 2008

RTU Prospects: ancora un buon Westbrook


Se parliamo di numeri, o meglio, di punti, Russell Westbrook è ancora una volta il migliore delle nostre scommesse, nella notte NBA appena trascorsa. Sicuramente felice per la fine della striscia negativa di 14 turni, anche se qualche difficoltà al tiro ha sporcato l'ennesima prestazione basata sulla grande intensità messa sul terreno di gioco. In una partita che potrebbe consacrarlo come point guard titolare della squadra di Brooks (38 minuti di utilizzo, contro i 30 di Watson), specialmente in quei momenti della partita in cui serve far tornare la famigerata inerzia dal proprio lato della barricata, 2 rubate per lui, che viaggia ad una media di 1.78 in stagione. Ma quello che convince totalmente Brooks a tenerlo in campo è, come dicevamo prima, l'intensità. Dimmi come vai sotto il tabellone offensivo - essendo sotto i 190 cm - e ti dirò quanto sei intenso. Il nativo di Long Beach (California) ha tirato giù cinque-rimbalzi-cinque passando sotto le gambe di Marc Gasol e compagnia. Il materiale è di primissima qualità, attendendo che uno o due anni di NBA gli passino la fresatrice ed il lucido, sono ampiamente apprezzabili le sue doti di atleta e combattente.

Partita onesta di Brandon Rush, nella disfatta di Indiana alla Amway Arena di Orlando. Ancora molti minuti in campo per il prodotto di Kansas, che ha compiuto un lavoro utilissimo nella propria metà campo, nell'accoppiamento con J.J. Redick. In 32 minuti, 5 pts (2/4, 0/1, 1/2 tl), 4 reb, 4 ast, 2 to.

Partita difficoltosa per Donte Greene, contro i Dallas Mavericks di un caldissimo Jason Terry. Non c'è molto di cui discutere quando, dopo il primo quarto, si ha già la sensazione che la partita abbia poco da dire. Male, malissimo dal campo: 9 punti (3/12, 0/3, 3/3 tl), 6 rimbalzi, 1 stoppata. Da addurre come parziale giustificazione, la situazione tecnica dei Kings, divenuti in poche giornate di regular season, vittima sacrificale di chi è in cerca di vittorie facili. Se poi manca anche Kevin Martin, cielo grigio, ma grigio scuro, dalle parti di Sacramento.

sabato 29 novembre 2008

Right Thinking of the Night - Riflessioni notturne (capitolo 2)


  • Una delle tante notizie venute dalla ricchissima nottata appena trascorsa, viene da Cleveland: tra un botta e risposta con Charles Barkley (definito "uno stupido" dal #23) ed un ultimo quarto passato ad incitare i suoi dalla panchina, LeBron James mette lì un'altra prestazione da trascinatore. A dire il vero, però, adesso siamo in più con l'attrezzatura adatta alla scalata e non ci limitiamo più ad incitare il povero James con il carico sulle spalle. Mo Williams, pagato forse un po' troppo per il tipo di giocatore che serviva, sta adempiendo perfettamente ai propri doveri e la cura Brown, specialmente nella sua metà campo, inizia a dare frutti che nemmeno lo stesso Williams sapeva di poter produrre. Avere qualcuno in grado di gestire le chiavi della squadra con LeBron comodamente seduto in panchina per gran parte del match, è un lusso che i Cavs non si erano mai potuti permettere. Sull'onda di questa situazione, e delle vittorie che ne stanno conseguendo, Cleveland ha acquisito soprattutto consapevolezza dei propri mezzi. Tutti i componenti della squadra sentono di avere l'opportunità di arrivare al loro primo anello, si fidano del sistema in cui Brown li ha inseriti (esempio Williams su tutti) e la vittoria di ieri è stata l'ennesima prova di maturità di una squadra che punta con maggior convinzione alla vittoria finale. Dopo un avvio abbastanza difficoltoso, Cleveland non è caduta nel tranello di Don Nelson ed ha tenuto la gara su ritmi decisamente più consoni al proprio sistema di pallacanestro, costruendo possesso dopo possesso, la rimonta ed il largo vantaggio finale.

  • Che bella squadra è Portland. Lasciamo perdere per un attimo il campo, le vittorie contro grandi squadre, l'imbattibilità e tutto il resto. Questa è una squadra costruita magistralmente da Pritchard e guidata ancora meglio da Nate McMillan. Ha una struttura salariale meravigliosa (nel 2010 si liberano 40 milioni di cap), un parco giocatori che in due o tre anni - e uno o due innesti - è potenzialmente da contender per il titolo e gioca bene a basket. Stanotte, davanti una delle contendenti più accreditate per il ballo finale, ha messo il vestito delle grandi occasioni, sciorinando una prestazione difensiva ed offensiva ai limiti della perfezione. Concessi solo tiri complessi agli Hornets, che nonostante l'enorme tasso tecnico dei singoli, non sono riusciti a sfiorare i 100 (soglia con cui sono 7-0 in stagione). L'attacco vende i biglietti, la difesa vince le partite, ma se ce le hai tutte e due sei destinato a fare qualcosa di grande.

  • Occhio a navigare troppo a vista all'ombra dell'Alamo, che gli Spurs hanno rimesso i gemelli - e che gemelli - ai polsini. Con il rientro di Tony Parker e Manu Ginobili, la musica è lievemente cambiata ed anche se ancora non siamo alle variazioni di Bach dell'anno del titolo, ci si consola abbastanza bene con un buon disco di Coltrane. Divagazioni musicali a parte, San Antonio fatica ancora a trovare un sistema di pallacanestro convincente per aprile, ma fino ad allora l'importante è mettere fieno in cascina e sotto questo punto di vista, la squadra di Popovich poche volte si è fatta trovare impreparata.

  • Ennesima prestazione poco convincente di Dallas, ormai in un vortice di incomprensioni indecente. A quanto pare, tutti i giocatori si sono nuovamente lamentati di Carlisle perchè avrebbe osato aggiungere nuovi giochi offensivi (ma Rick, questi non hanno assimilato nemmeno quelli vecchi, ammesso che ce ne fossero!) ed addirittura cambiare i nomi a quelli pre-esistenti, che comunque non venivano eseguiti dalla compagnia. Squadra a dir poco disfunzionale per situazione interna (se ne volete, sono praticamente tutti con la valigia sul pianerottolo) e tipo di comportamento tenuto dai giocatori. AJ intanto si frega le mani e pensa "allora lo vedi che non era tutta colpa mia?". Se le prospettive della nuova stagione sono queste, ammesso che si raggiungano i playoff in una Western Conference comunque competitiva, vogliamo farci buttare fuori anche il prossimo anno al primo turno?

RTU Prospects: bene solo Westbrook


Nonostante i Cavaliers rimangano imbattuti alla Quicken Loans Arena, J.J. Hickson non è in grandissima serata. Mani freddissime per il rookie da NC State, che manda a bersaglio un solo tentativo su 6 per gli unici 2 punti della sua serata. Si comporta comunque bene a rimbalzo, specialmente sotto il tabellone, non troppo difficoltoso da controllare, dei Golden State Warriors, dove trova 3 dei suoi 5 rimbalzi complessivi. Una stoppata ed una palla persa, chiudono i numeri della serata di Hickson, incappato in un match non troppo esaltante a livello individuale, ma un match che conferisce ai suoi (sì, sono anche i suoi, siate buoni) Cleveland Cavaliers il primato della Central Division con un record di 13-3.

Serata in sordina anche per Brandon Rush, nella sconfitta degli Indiana Pacers in casa contro gli Charlotte Bobcats. Appare sostanzialmente poco coinvolto nei giochi e non riesce a trovare il ritmo giusto, dopo le ultime esaltanti uscite. I suoi numeri hanno una rubata ed una stoppata di buono, per il resto il referto recita 8 punti (3/9, 1/3, 1/2 tl), 3 rimbalzi ma anche 3 palle perse.

Veniamo ad una nota lieta; l'ennesima nota lieta per quanto riguarda la prestazione di Russell Westbrook. Il prodotto di UCLA, in una partita che consegna ai Thunder la sconfitta numero 16, cerca di fare la differenza attaccando con parecchia decisione la difesa dei TWolves. Va a due assist la doppia-doppia e nonostante le 3 palle perse, ha un buon rapporto con gli 8 assist ed i 15 punti. Si concede anche una palla rubata ed una inusuale stoppata, salvando una gara che sotto il profilo collettivo ha messo in mostra tutte le lacune dei Thunder targati Brooks.

Bruttissima notte al tiro per il nostro Donte Greene. Coach Theus gli concede una inusuale partenza in quintetto, ma il nativo di Monaco di Baviera non và oltre lo 0/6 al tiro, chiudendo la partita con 0 punti, 6 rimbalzi, 2 assist, 1 rubata, 1 persa.

Peggio, se possibile, la serata di Jerryd Bayless: 1 minuto complessivo e 0 in ogni voce del tabellino.

giovedì 27 novembre 2008

RTU Prospects: tutti in campo nella notte


Nella notte NBA di mercoledì 26 settembre troviamo in campo tutte le squadre delle nostre giovani scommesse, nonchè tutti i nostri protetti iscritti a referto. Complessivamente bene tutti, anche se gente come Derrick Rose, sempre che di scommessa vogliamo parlare, illumina a giorno la strada che i Bulls dovranno percorrere.

Non si può parlare di scommessa, dicevamo, quando si approccia la prima scelta del draft NBA. Non tanto per la chiamata in sé (di esempi di prime scelte cadute in disgrazia ne troviamo sciolti o a pacchetti), quanto per il modo con cui il nativo di Chicago ha approcciato la prima stagione tra i pro. Tante responsabilità sulle spalle, soprattutto se nei tifosi è ancora vivido il ricordo di MJ, non gli hanno ancora piegato le gambe ed il lavoro certosino di Vinny Del Negro sta aiutando parecchio. Nella notte appena trascorsa, i suoi Bulls perdono contro dei San Antonio Spurs con quotazioni in nettissimo rialzo, dopo il rientro di Manu Ginobili. Per Rose 10 punti (5/11 dal campo), 6 rimbalzi, 6 assist ed una palla persa. Numeri tutto sommato accettabili, contro un cliente che non ha nulla a che vedere con gli Spurs pre-Manu.

Brutta serata al tiro per Russell Westbrook. Dopo l'ottima prestazione casalinga contro i Phoenix Suns, la guardia di coach Brooks ha messo a referto 13 punti, tirando comunque malissimo dal campo (4/14) e non eccessivamente ben dalla linea della carità (5/8). Anche in questo caso, l'avversario non era certamente dei più accomondati, specialmente alla Quicken Loans Arena, dove i Cleveland Cavaliers devono ancora trovare qualcuno che li superi (8-0 in stagione). Il prodotto di UCLA, comunque, in una partita che di fatto termina a metà secondo quarto, trova ben 5 palle rubate e 4 rimbalzi (2 offensivi) oltre a 5 assist.

Nella stessa partita, buonissima prestazione per J.J. Hickson, che trova spazio ancora una volta in periodi di semi-garbage time, ma che si prenota in maniera abbastanza prepotente un posto nei Cavaliers che saranno. Nella larghissima vittoria dei Cavs contro Oklahoma City, Hickson esalta la folla con 4 bellissime stoppate, 14 punti frutto di un dignitosissimo 6/12 dal campo e 6 rimbalzi (3 offensivi).

Buone notizie dal Toyota Center per gli Indiana Pacers e per Brandon Rush. La squadra del prodotto di Kansas State espugna il parquet di una delle top team ad ovest ed il nostro protetto scrive numeri di tutto rispetto nel suo tabellino: 36 minuti, 11 pts, 5/8 dal campo, 1/2 da 3 punti, 4 reb, 3 ast. Numeri impreziositi, oltre che dalla vittoria, dal tipo di partita che è stata nel Texas: un match duro, giocato punto a punto, dove ogni possesso ha fatto la differenza e le percentuali del nostro Brandon hanno avuto un peso specifico enorme nell'economia della gara.

Hanno giocato - anche se in pochi se ne sono accorti - anche i due rookie fin qui più trascurati della stagione: Jerryd Bayless trova spazio per 6 minuti (4 reb, 1 ast, 1 to) nella larghissima vittoria dei Portland Trail Blazers ai danni dei Miami Heat, mentre Donte Greene è riuscito a giocare ben 17 minuti tirando poco, ma molto bene, dal campo (2/3, 1/1) e trovando 6 punti nella prima sconfitta interna dei Sacramento Kings contro i NJ Nets, dal 1997.

mercoledì 26 novembre 2008

Right Thinking of the Night - Riflessioni notturne (capitolo 1)


  • Vedo i New York Knicks profanare, rubando la definizione e LeBron James, la Mecca del basket con una prestazione del genere e mi viene da pormi qualche domanda. Donnie Walsh (a sinistra nella foto) ha messo su questo circo di scaricamento contratti per avere spazio in vista di un 2010 in cui si teme per un millennium bug cestistico. Benissimo, anche perchè non è questa la squadra che D'Antoni (a destra nella foto), pagato tutt'altro che poco quest'estate, vuole. Ammesso e non concesso che LeBron James non tenga in considerazione quanto accadrà nei due anni che verranno (ipotesi comunque abbastanza remota), la strategia messa in atto da Walsh non è esente da rischi. I giornali della Big Apple si sbizzarriscono ipotizzando l'arrivo dei tre pezzi di maggior valore mediatico presenti a breve sul mercato: Bosh, James e Wade. Da qualche parte è stato addirittura pubblicato il nome di Stoudemire, che è uno dei mille motivi per cui D'Antoni ha lasciato Phoenix. Ora volendo essere estremamente originali potremmo dire che il 2010 arriva per tutti e che per quanto NY possa avere un certo qual fascino sul #23 attualmente in maglia Cleveland (o chi per lui), tutte le altre squadre di questa lega con velleità d'alta classifica si stanno organizzando per avere qualcosa da indossare il giorno della festa. Compresi i Cleveland Cavaliers, che hanno liberato il bilancio da contratti pesantissimi e che il 1 luglio 2010 potranno dire a LeBron: "Ti offriamo molto più di quanto possano offrire loro ed avremmo questo piccolo spazio salariale da colmare con chiunque tu voglia in squadra". Il rischio per New York non sta tanto nel voler smembrare completamente il vecchio sistema, ma nel trascurare in maniera abbastanza marcata il presente. Per quante stelle si possano riuscire a mettere sotto contratto, poi si gioca in più di tre persone ed il famoso supporting cast "a gratis" non lavora.

  • I Golden State Warriors per un certo verso sono molto simili alla versione attuale dei Knicks. Riavvolgiamo il nastro a questa estate, quando si decide di mandare Baron Davis ad Hollywood pensando che Monta Ellis sia pronto per prendere l'intero mazzo di chiavi della squadra. Monta Ellis, in una mal riuscita imitazione di Valentino Rossi, si infortuna e viola il regolamento dei Golden State Warriors, mentendo in prima istanza sull'origine del suddetto infortunio. L'alto management si riunisce una settimana per trovare la pena commisurata al reato e decide per 30 partite di inibizione, più la possibilità di rinegoziare il contratto multimilionario appena stipulato tra il giocatore e la franchigia. Qualche problemino interno per Al Harrington, mandato prontamente alla corte di Mike D'Antoni in cambio di Crawford, dovrebbe chiudere l'altalena di vicende che esulano dal comparto tecnico ed a cui erano state imputate le sventure iniziali dei Warriors. Questa notte invece assisto ad una versione se possibile ancora più brutta di quella di inizio stagione. A partire dal body language, passando per la totale assenza di voglia di alzare i ritmi o anche solo di giocare la partita, gli sventurati ospiti hanno confezionato la disfatta contro dei Washington Wizards non esattamente all'apice tecnico della loro storia. Giocando a ritmi che farebbero arrossire anche il più "difensivista" degli addetti ai lavori, Golden State ha portato a compimento il suicidio tecnico nella capitale, prendendo un'imbarcata di 24 punti. Se qualcuno viene a capo dei motivi di questa situazione, citofoni Don Nelson.

  • Più guardo i Dallas Mavericks e meno mi convinco del fatto che questa squadra possa combinare qualcosa in post season. In attesa di essere smentito, come è altamente probabile quando ci si espone un minimo, prendo come punto di riferimento la partita vinta contro gli Indiana Pacers. I Pacers, tanto celebrati ad inizio anno, specialmente dopo la schiacciante vittoria alla Conseco Field House contro i cugini - forse gli zii - dei veri Boston Celtics, somigliano tanto ad una di quelle mine vaganti da regular season, destinate a sciogliersi in caso di approdo all'ottavo posto. Come Indiana, Dallas ha un sistema di gioco basato su una fase difensiva non troppo curata per quanto riguarda il contestare la conclusione, ma piuttosto incentrata sul recuperare palloni per spingere il contropiede. Contro squadre che non ti danno tanti argomenti di cui dibattere in quella sfaccettatura del gioco, ci si affida all'isolamento di Nowitzki ed al suo fade away, pregando il cielo che sia in serata. Può essere un buon tipo di strategia nel corso di una regular season da 82 partite, ma poi nella seconda parte del campionato questo tipo di pallacanestro tende a pagare dividendi piuttosto scarni.

RTU Prospects: Hickson, Westbrook e Rush


Ci fanno fare decisamente un'ottima figura i prospetti segnalati ad inizio stagione, questa notte in campo. Brandon Rush, di fronte ai Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki (in foto) ha seriamente rischiato di risultare il fattore decisivo per la vittoria. Uscendo dalla panchina, il prodotto di Kansas State ha avuto a disposizione 30 minuti di gioco per 18 pts, frutto di un 8/12 dal campo, nonchè 1/2 dalla linea del tiro pesante. A completare il referto, 2 rimabalzi (entrambi offensivi), un assist ed una palla persa. Davvero non male per il buon Brandon, che partita dopo partita, si sta ritagliando sempre più minuti in una rotazione comunque competitiva per quanto riguarda il backcourt.

Delusione anche per Russell Westbrook nella sconfitta dei suoi Oklahoma City Thunder contro i Phoenix Suns. Il prodotto di UCLA, tuttavia, non ha molto di cui rammaricarsi dando uno sguardo alla sua gara: 15 punti (6/11 dal campo), 5 rimbalzi (3 offensivi), 3 palle rubate ed una sola palla persa. Altro componente di un roster, quello dei Thunder, che talento ne avrebbe da vendere, ma che è chiaramente in balia della situazione attuale.

Coach Mike Brown deve ancora completamente digerire qualche ritardo di troppo, ma J.J.Hickson trova un pò di spazio anche nella vittoria dei Cleveland Cavaliers al Madison Square Garden. Il rookie da NC State mette a referto un'ottima prestazione, anche se nei minuti in cui di partita non si stava più parlando: 18 minuti di utilizzo, 10 punti frutto di un 5/6 dal campo ed una stoppata.

Complessivamente, buonissima notte per i nostri prospetti NBA, anche se si ritrova a gioire con i compagni soltanto il meno incisivo dei tre impiegati in questo turno.

domenica 23 novembre 2008

That's why he's The King

That's why he's the King, ecco perche' e' il Re. Ai pochi italiani non a conoscenza del fatto che NBA League Pass e' diventato internazionale (per una volta, grazie Stern) e per quella parte che questa mattinata l'ha passata a lavoro in un ufficio o alla piu' salutare maratona di Milano, propongo la giocata che ha trasportato il 23 sul gradino più alto del podio nella Top Ten di questa notte: clicca qui.

Lui, che il massimo dalla sua carriera cestistica lo ha sempre tirato fuori. Lui, che se gli nomini il 2010 e' in difficolta'. Lui, che dalle difficoltà spesso e volentieri ti tira fuori. Lui, semplicemente il giocatore più decisivo della lega. I suoi Cavs, dopo una partenza che in Ohio non ricordavano da diversi anni (10-3, al comando della Central Division), si accaparrano di diritto il ruolo di prima contendente allo strapotere dei Boston Celtics ma le domande sul futuro del loro giocatore chiave si fanno sempre piu' insistenti man mano che il tempo passa e la sua maturazione - completa da tempo - lo porta su livelli di comprensione del gioco fuori da ogni logica umana. L'80% dei movimenti di mercato, tecnicamente a volte incomprensibili, sono volti all'anno in cui il suo contratto con la franchigia dell'Ohio giungera' al termine. The Chosen One non gradisce molto parlare di una sua eventuale partenza. Lasciare una citta' in cui di fatto e' trattato da re (la struttura di allenamento di Cleveland e' stata appositamente costruita a due passi dalla sua principesca tenuta) per approdare nella piu' affascinante New York? I suoi sponsor spingono per l'opzione numero 2 ed i motivi non sono celati piu' di tanto. Un approdo nella Big Apple porterebbe nelle casse degli sponsor di cui sopra cifre equiparabili ad una finanziaria, o meglio, piano salva-banche da questa parte dell'oceano. Per ora LeBron parla poco e quando lo fa, non manca di rimarcare che a Cleveland si trova bene e che non vuole andarsene, ma che e' altrettanto vivo in lui il desiderio di trovare il primo anello in carriera. Attualmente i Cavaliers sono una contendente esclusivamente perche' annoverano LeBron tra le proprie fila e l'acquisto di Mo Williams in estate non sembra aver convinto definitivamente il nativo di Akron. Sotto il profilo finanziario, tuttavia, Danny Ferry non si e' mosso malissimo: Cleveland nell'anno in cui scade il contratto di James, ha una proiezione di payroll di 35 milioni di dollari a causa della scadenza di contratti pesanti come quelli di Ben Wallace (14 milioni), Ilgauskas (11 milioni) e Pavlovic (5 milioni). In un mercato dei free agent che si presenta come uno dei più spettacolari degli ultimi dieci anni, anche i Cleveland Cavaliers avranno la loro opportunità di costruire una squadra veramente pronta per attentare al Larry O'Brien e state sicuri che se LBJ sente l'odore dei brillanti di quell'anello, questa città - interamente ai suoi piedi - non la lascia.

That's why he's the King.

sabato 27 settembre 2008

La situazione ad Est


I Celtics sono ancora i favoriti?


Partiamo con la domanda chiave della stagione cestistica che andiamo ad affrontare: Boston si presenta ai blocchi di partenza come la favorita numero uno nella corsa al titolo della Eastern Conference? Sostanzialmente sì. Posto che l’anno scorso non avrei messo mezzo dollaro su un’eventuale titolo per l’armata verde, va necessariamente fatto notare che la situazione è fortemente cambiata. Tecnicamente ad est la situazione è molto meno intricata rispetto alla costa occidentale e le impressioni che anche quest’anno possano arrivare a giocarsela le solite notissime tre (leggasi Boston, leggasi Cleveland e leggasi Detroit) rischia ancora una volta di avere solide fondamenta. Ma andiamo con ordine.

Atlantic – Dopo la stagione delle piogge che ha regalato al pubblico del Massachusset due componenti dei Big Three, è arrivata la stagione calda, quasi arida, per le casse dei campioni in carica, che hanno dovuto ridimensionare il budget a disposizione del GM Danny Ainge, salvo poi avvallare scelte di mercato abbastanza fuori dalla parsimoniosa logica con cui si era intrapresa l’estate. Una su tutte, la firma di Darius Miles reduce da una stagione di fermo (causa infortunio) a Portland, prelevato dalla lista dei free agent dopo esser stato scaricato dai Trail Blazers che non vedevano l’ora di liberarsi dei suoi 8 milioni annuali. Boston, non esattamente la piattaforma ideale per un rilancio, un errore (ammesso che di errore si tratti) lo può commettere ed il titolo di campioni raffredda anche i “criticoni” più agguerriti. I rinnovi di House ed Allen (Tony) erano quantomeno dovuti dopo l’apprezzabilissimo contributo offerto dai due, rispettivamente ai playoff ed in regular season. Ma la scelta che rimane il vero mistero dell’estate 2008 è il rilascio di James Posey, approdato ai New Orleans Hornets. Giocatore senza il quale i Celtics avrebbero verosimilmente ceduto il passo a Cleveland per la finale della Eastern Conference contro Detroit e uomo di immenso peso specifico all’interno dello spogliatoio. La plusvalenza riguardante il mercato 2008, dunque, fa registrare un netto segno negativo per gli uomini di Doc Rivers, che mantengono ugualmente il monolitico gruppo dello scorso anno ed affrontano quello che verrà con basi solidissime su cui lavorare.
Toronto più che basi, dopo la stagione 2007/08, aveva tanto da cambiare ed il tipo di impronta data alla squadra, anche solo per il fatto di averle dato un’impronta, manda segnali positivi ai sostenitori del team di Bargnani. Segnali meno positivi li manda a Bargnani stesso; perché con la cessione di Nesterovic (insieme a T.J. Ford, Baston e Hibbert) e l’arrivo di una All-Star come Jermaine O’Neal sotto le plance la situazione inizia ad ingarbugliarsi per davvero. Attualmente l’Andrea nazionale è decisamente poco mobile anche solo per immaginare di ricoprire un ruolo da ala piccola ed allo stesso tempo fisicamente troppo indietro rispetto a quelli che dovrebbero essere il 4 ed il 5 titolari. Nel backcourt con il rinnovo di Calderon e l’arrivo della coppia Ukic/Solomon dall’Europa, Mitchell ha degnissimi trattatori di palla e perde il buon T.J. che troverà modo di prendere decisioni in maniera inopinata altrove. Complessivamente il roster è stato snellito e questo, ancora una volta fortunatamente, dà meno possibilità di inventare a coach Sam Mitchell, che nelle ultime due stagioni ha fatto dei propri continui cambiamenti il punto debole della squadra.
Inutile nascondersi per quanto riguarda i Knicks ed i Nets: la corsa al contratto di LeBron James nel 2010 fa gola e nessuna delle due ha pensato nella maniera più assoluta al presente. Scelta che potrebbe presentare il conto in questa stagione, probabilmente addirittura con il mancato piazzamento nella griglia delle prime otto. New York, nuova casa del prodotto nostrano Danilo Gallinari, ha visto in Chris Duhon l’unico acquisto di una certa rilevanza e anche ad un occhio inesperto risulta evidente che questa franchigia, combinata come l’anno scorso, ha pochi pregi di cui fregiarsi. Mike D’Antoni, arrivato da Phoenix, ha dichiarato che non abbandonerà la sua idea di una squadra che corra in maniera continuativa. Dichiarazione che stride con il quintetto che si troverà in mano a fine ottobre: qualcosa non torna. Per quanto riguarda New Jersey, invece, non abbiamo condiviso le scelte di mercato già dalla notte del draft. Notte in cui la migliore chiamata è stata inaspettatamente l’ultima: Chris Douglas-Roberts; shooting guard dotata di grande velocità, discreto ball handling ed una visione del campo veramente notevole. Meno entusiasmo per quanto riguarda le scelte di Brook Lopez e Ryan Anderson che saranno sottoposte alla durissima selezione fisica dei parquet NBA di questa era cestistica. Gli arrivi di Yi Jianlian e Bobby Simmons da Milwaukee in cambio del realizzatore Richard Jefferson sono da archiviare, come dicevamo sopra, con la documentazione targata “Missione LBJ, anno 2010”. Gli arrivi di Hayes da Detroit e di Najera da Denver hanno completato il confusissimo quadro dei Nets 2008/09 che presentano innumerevoli lacune a livello di organico e che per quanto riguarda il sondaggio “chi non vorreste essere nei prossimi 12 mesi” mi fanno nettamente propendere per coach Lawrence Frank.
Il quadro dipinto fin qui non è dei più entusiasmanti ma se c’è una squadra che può aspirare almeno ad un ruolo di disturbo nei confronti di Boston nell’Atlantic division, quella è proprio Phila. I 76ers hanno chiuso in maniera dignitosissima la stagione passata, dando parecchi pensieri ai Pistons di Flip Saunders ed hanno iniziato ancora meglio l’estate, mettendo le mani su uno dei più prelibati free agent del 2008: Elton Brand. Gli innesti successivi di Ratliff, K.Rush e Marshall hanno dato profondità ad un roster che partiva da uno zoccolo duro di indubbio valore e se Cheeks si confermerà l’abile coach dello scorso anno, sarà difficile passare illesi per la città dell’amore fraterno.



Central - Dici Cleveland e non pensi ad una squadra dalla classifica dominante durante la regular season, poi calendario dei playoff alla mano ti accorgi che i Cavs con una posizione in griglia migliore avrebbero avuto infinite possibilità in più di mettere le mani sul trofeo. Di spiegazioni se ne potrebbero trovare innumerevoli ma volendo semplificare massicciamente il discorso, potremmo dire che una migliore distribuzione delle responsabilità potrebbe essere la ricetta giusta per porre fine al dominio targato Pistons degli ultimi anni. In questo senso si è lavorato per garantire tante soluzioni alternative a coach Brown, rinnovando prima di tutto Gibson e West. Ma Cleveland, per la concezione di gioco che ha il suo allenatore, è una squadra che costruisce quello che fa in attacco da come si muove difensivamente e soprattutto perimetralmente la mancanza di un gran difensore ha creato più di un problema in passato. Al profilo rispondeva esattamente Mo Williams, shooting guard prodotto di Alabama reduce da una stagione con i Bucks da 17,2 punti e 6,3 assist a partita ed un grande contributo nella propria metà campo. La contropartita che ha convinto i Bucks a lasciarlo andare (Damon Jones e Joe Smith) è molto più che accettabile per la franchigia dell’Ohio che perde un Jones sostanzialmente al capolinea della carriera ed un Joe Smith destinato a prendere lo stesso treno. Smith, ad onor del vero, aveva dato tanto in termini di prestazioni durante la mezza stagione alla QLA e la sua assenza apriva la questione lunghi, risolta in qualche modo da Ferry. La pick ci ha trovati perfettamente d’accordo: J.J. Hickson. Hickson è un’ala grande fisicamente pronta per la NBA, dotata di un buon tiro dalla media distanza e di un’elevazione eccezionale che lo colloca al top dei rimbalzisti della sua generazione. Meno entusiasmo per l’ingaggio di Lorenzen Wright, preso come garanzia in caso di fallimento da parte del giovane proveniente da NC State, che chiude l’estate di trade firmata Cavs. Cleveland sta palesemente provando a far vincere LeBron spendendo il meno possibile, ma ogni anno che passa allontana il prescelto dalla sua città natale e presto non esisteranno più soluzioni diplomatiche possibili. Sono da titolo? No. Possono vincere quest’anno? Assolutamente sì. Siamo alle solite.
In casa Pistons il tema caldo dell’estate è stato il cambio di allenatore, se di cambio vogliamo parlare. Michael Curry, alla prima esperienza da head coach, succede a Flip Saunders dopo avergli fatto da assistente (una sorta di defensive coordinator del football) per tutta la carriera. Durante le prime uscite ufficiali Curry ha toccato anche il tema del ricambio generazionale, ma a giudicare dalle mosse estive in casa Detroit, qualcuno deve avergli consigliato di lasciare l’icona aperta per l’anno prossimo. Difficile pensare che Curry non segua la strada tracciata dal suo predecessore non avendo cambiato esattamente nulla del nucleo della squadra. Che senso abbia avuto questo cambio di guida sfugge anche a noi, ed il discorso Rasheed Wallace (non in rapporti idilliaci con Curry) si fa sempre più incalzante. Partiti Hayes, Ratliff e Dixon, il Palace of Auburn Hills ha dato il benvenuto ad uno dei ragazzi più incomprensibili di questa lega: Kwame Brown. I vecchi Pistons sarebbero stati l’ambiente ideale per farlo risorgere, ma con l’aria di incertezza che tira nel Michigan una delle franchigie più compatte che abbia mai visto viene rinviata a giudizio.
L’estate di Chicago ha un nome (Derrick) ed un cognome (Rose). Con la scelta numero uno alla lottery draft di quest’anno, i Bulls si sono portati a casa un giocatore per cui sono stati spesi e si spenderanno fiumi d’inchiostro. Un playmaker dai mezzi tecnici e fisici fuori dalla norma, un ragazzo che alla tenera età di venti anni è stato il leader carismatico di quei Memphis Tigers arrivati ad un supplementare dal titolo NCAA. Da lui Chicago può e deve partire per mettere in tavola un progetto ad ampio respiro (dopotutto Portland insegna) facilitato tra l’altro dalla bassissima età media della squadra. Non vi erano particolari bisogni a livello di roster: i Bulls sono una squadra con un parco guardie ottimo, delle ali invidiabili ed una buona presenza sotto i tabelloni. La principale preoccupazione, nostra che amiamo il basket e dei sostenitori dei Bulls per ragioni di tifo, rimane il cambio di allenatore. Del Negro nella sua carriera ha occupato solo ruoli da assistente dirigenziale ed appare ancora oscura l’impronta che intenda dare ad una squadra comunque profondamente plasmabile.
Giungiamo alla classe operaia, quella che difficilmente riuscirà anche solo ad avvicinarsi alle porte del paradiso. Stiamo parlando di Indiana Pacers e Milwaukee Bucks. L’Indiana, una delle culle del basket USA, un posto dove i fondamentali profumano ancora di torta di mele; le due anime di uno stato che cresce con credo quasi religioso i suoi giovani prospetti, ma che lascia allo sbando la propria squadra professionistica. Di un roster in cui sono presenti T.J. Ford e Jamaal Tinsley io non so veramente cosa dire, ma rimando tutto al giudizio del lettore allegando le tabelle dei movimenti targati Pacers. Nesterovic acquistato a quale scopo? Il buon Rasho riteneva troppo elevati i ritmi dei Raptors e me lo mandano ai Pacers? Voto assolutamente negativo alla dirigenza dei Pacers. Per quanto riguarda la squadra, temiamo si possa guadagnare facilmente una chiamata alta per il prossimo draft.
I Bucks, in mano al nuovo head coach Scott Skiles non potranno evitare di affrontare alcune problematiche. Primo palese problema: l’assoluta mancanza di un uomo franchigia che possa prendere in mano uno spogliatoio dimostratosi abbastanza freddo negli ultimi anni. Tecnicamente invece questo non è il modello di roster congeniale alla pallacanestro che vuole giocare Skiles: squadra a trazione posteriore, con discreti lunghi anche se non in grado di fare la differenza intorno all’anello arancione. Per l’ennesimo anno li vediamo fuori dalla lotta playoff.




Southeast - Siamo alla fine del viaggio attraverso le division della Eastern Conference e verosimilmente l'idea che abbiamo trasmesso in merito alla costa est è di una gerarchia molto ben delineata, con assiomi cestistici da tenere assolutamente in conto, ma se è vero che ogni medaglia ha la sua seconda faccia, quella della Eastern Conference è decisamente la Southeast Division. Miami, dopo la stagione disastrosa appena trascorsa, è la squadra che ha tenuto il comportamento più interessante durante l'estate. Innanzitutto il diritto alla seconda chiamata alla la lottery draft ha dato modo a Pat Riley di mettere le mani su due prospetti di indubbio valore: Michael Beasley e Mario Chalmers. Il primo, una combo guard dotata di un fisico eccezionale ed una verticalità nel salto a dir poco mostruosa, si candida come complemento di Wade nel backcourt mentre il secondo (shooting guard) ha presentato il tiro dell'overtime (e conseguente vittoria) nella finale NCAA di quest'anno come biglietto da visita. A loro il compito di non far rimpiangere le partenze di Jason Williams e Ricky Davis, entrambi approdati sulla sponda meno nobile della città degli angeli. Il reparto lunghi, tuttavia, presenta ancora tanti quesiti a cui dare risposta; uno su tutti, chi sarà il compagno di Haslem sotto il tabellone? Per lo spot da 3 la scelta di Riley è ricaduta su James Jones, ala piccola dinamica dotato di una decina di punti a partita. La buona notizia è sostanzialmente questa: l'anno scorso l'asticella non è stata messa poi troppo in alto, di conseguenza non dovrebbe essere difficile registrare un miglioramento, ma il reale obiettivo di Miami attualmente non può andare oltre il secondo turno di playoff.
Nel caso vi fosse ancora qualche dubbio sul tipo d'impronta che Van Gundy vuole dare al proprio roster, l'acquisto di Pietrus è la prova che Orlando vuole ancora una volta cercare di incentrare la sua pallacanestro sul piano del fisico. Il frontcourt formato da Howard, Lewis, Turkoglu (più l'aggiunta di Pietrus) effettivamente sul piano fisico va sotto decisamente con poche squadre, ma qualcosa ancora non quadra all'interno di questo roster. Perchè? Basta pensare per un attimo a tutte le grandi squadre che hanno portato a casa qualcosa di importante. Cosa avevano? Grande cultura del lavoro difensivo, almeno due fuoriclasse ed una triangolo (play-centro-ala) di livello. Per quanto Howard attualmente non rappresenti il mio ideale di centro, uno ce l'abbiamo e per quanto mi vengano in mente almeno una quindicina di giocatori migliori di Lewis, abboniamo anche l'ala. Il problema vero di questa squadra è che non ha una mente pensante in regia. Jameer Nelson è una guardia riadattata a fare questo ruolo, ma si limita a martellare il pallone dentro senza leggere un minimo la difesa. Ancora una volta il giudizio non può andare oltre "l'incompleto" per Orlando.
Per Atlanta, Charlotte e Washington potremmo eseguire uno splendido "copia e incolla" dalle analisi dello scorso anno. Squadre rimaste esattamente identiche alla passata stagione, anche se quest'anno i Wizards faranno di tutto per evitare la furia di LeBron al primo turno di playoff, mentre per Charlotte ed Atlanta sarebbe un traguardo anche solo arrivare a calcare i parquet di maggio.

giovedì 4 settembre 2008

Thunder days a Oklahoma City

Thunder - Giunto il fatidico 3 settembre il segreto è stato svelato: la nuova franchigia di OC adotterà Thunder come nickname, andando ad aggiungersi a Magic e Jazz nella lista di squadre che si identificano con un nome al singolare. Curiosità a parte, il segreto di cui sopra di segreto aveva ben poco. La necessità di avviare una campagna di merchandising in tempi brevissimi aveva fatto trapelare la notizia in maniera ufficiosa già qualche giorno prima; infatti la certezza che non si sarebbe tornati indietro, nonostante parecchie voci fuori dal coro, si era fatta sentire già due giorni fa, quando l'ex proprietario Howard Schultz aveva deciso di rinunciare a qualsiasi procedimento giuridico nei confronti del nuovo presidente Clay Bennet, spianando di fatto la strada alle ultime procedure burocratiche. La presentazione si è svolta in un clima abbastanza surreale, con il sito della NBA che aveva già definito la pagina dei Thunder come home page officiale della nuova franchigia ed il sito degli Orlando Magic che già dava come "vs Thunder" una delle sfide della regular season 2008/09. Ma negli States quando ci si muove, lo si fa per davvero ed il comitato organizzatore pompando "Thunderstruck" degli AC/DC nelle orecchie dei presenti ha dato l'onore di togliere ogni dubbio al nuovo acquisto (provenienza Milwaukee) Desmond Mason. Svelato il logo ufficiale, Bennet ha avuto modo di spiegare almeno perchè fossero stati scelti proprio quei colori. Il colore blu è stato scelto perchè colore base della bandiera che rappresenta lo stato dell'Oklahoma; il giallo sta a simboleggiare il sole, mentre l'arancione scuro il tramonto. La spiegazione, lo dobbiamo ammettere, ci ha fatto un po' sorridere e nessuno più di noi attendeva la presentazione della mascot. Festa rinviata: la mascot non verrà svelata prima di almeno altre due settimane. A personalissimo giudizio si poteva sicuramente fare di meglio per quanto riguarda il design del logo e la pittoresca spiegazione in merito alla scelta dei colori. Coach Carlesimo, fattosi uomo incredibilmente saggio non è stato altrettanto originale: "Se i ragazzi giocheranno bene, quelle magliette sembreranno migliori". Gotta admit direbbe qualcuno, ma attualmente la gestione Bennet non ha preso esattamente la via che ci si aspettava.

mercoledì 23 luglio 2008

End of bronze age?

La stampa americana se lo chiede dall'ufficializzazione del roster che cercherà di porre fine a quella che è stata rinominata "l'era del bronzo". Riusciranno Wade, James, Anthony e gli altri extraterrestri di questa squadra a piazzare nuovamente la bandiera a stelle e strisce sul tetto del mondo? Già, perchè dopo l'Argentina (2004), ci si sono messi anche i greci (2006) a negare l'accesso alla finale, nel primo caso olimpica, nel secondo del campionato del mondo FIBA. Ed allora cosa potrà essere cambiato tanto da indurre i bookmaker a fare della compagine d'oltre oceano la favorita assoluta di questa rassegna olimpica?

Guardie - Sostanzialmente il backcourt è il reparto che ha subito la trasformazione più profonda dell'intero roster. Lasciati a casa Kirk Hinrich e Joe Johnson in favore di Deron Williams e Jason Kidd. Le conseguenze vanno oltre il plus/minus tecnico che apportano i due innesti. A Kidd saranno consegnate le chiavi della squadra per compiere un salto di qualità, ma soprattutto di esperienza internazionale, notevole rispetto all'era dell'inconcludente Hinrich o all'acerbo Paul. Con un parco playmaker che recita Jason Kidd, Deron Williams e Chris Paul (quello del 2008, secondo alla votazione per l'MVP dopo Kobe Bryant) una mezza spiegazione della quota stimata dai bookmaker l'abbiamo già parzialmente trovata, ma le sorprese non finiscono qui. Krzyewski infatti ha trovato il modo di far indossare per la prima volta nella sua carriera la casacca USA al fresco vincitore del MVP Award 2008 per quanto riguarda la regular season: Kobe Bryant. Nello spot di shooting guard, Kobe si è detto addirittura disposto a sacrificare il suo gioco accentratore per dare un maggiore aiuto difensivamente, contro squadre dimostratesi ampiamente più preparate negli ultimi anni. Ricapitolando, il reparto piccoli perde Hinrich e guadagna uno dei migliori playmaker della storia del gioco, coperto da due ragazzi che sembrano destinati a seguire le sue orme oltre ad uno dei giocatori più mortiferi mai visti sui 28 metri di parquet. Tutto questo, attendendo un Dwayne Wade desideroso di dimostrare che il 2006 non è stato un anno solamente fortunato e che la sua stella è destinata a brillare ancora.

Ali - Il parco ali fa da scenario alla bocciatura di Jamison, Brand e Battier. Motivo? Innanzitutto il bisogno di liberare un posto per Kobe ha determinato la prima opera di scrematura e la scelta di Brand, dopo una stagione segnata dagli infortuni era abbastanza logica. Coach K ha poi deciso di portarsi dietro un parco guardie molto più corposo rispetto al 2006 ed inserendo Michael Redd come sesta guardia, il secondo colpo è per forza di cose caduto sulle ali e più precisamente su un Jamison che aveva comunque guidato Washington nei periodi grigi post-infortunio di Arenas. Battier o Prince? L'ala di Detroit desiderava una chance di esordire con il Team USA più di qualsiasi altra cosa e prevedendo ancora una volta un LeBron James abbastanza stanco dopo il solito one man show annuale alla Quicken Loans Arena di Cleveland, il coaching staff lo ha accontentato. Carlos Boozer chiude il cerchio delle novità per quanto riguarda questo reparto, chiamato a dare più aggressività (nel caso si opti per un quintetto alto) rispetto a quanto potrebbe fare Chris Bosh, dopo l'ennesima stagione in cui a Toronto si sono chiesti dove fosse la leadership di questo ragazzo. Il quadro complessivo fornisce tante di quelle varianti tattiche che sarebbe impossibile elencarle tutte. Resta solo da vedere che tipo di impronta si vorrà dare al quintetto iniziale.

Centri - Poco da dire. Si punta su Howard e sulla speranza che la sua stellare stagione continui. In europa nessuno è in grado di reggere il confronto fisico e Krzyewski conta molto su un eventuale double team sistematico per liberare, a scelta, uno dei suoi. Difensivamente la versione 2008 del buon Dwight intimidirebbe anche Conan The Barbarian e psicologicamente sarà molto difficile per un qualsiasi avversario trovare la lucidità per avvicinarsi al ferro senza vedersi rispedire indietro il pallone. Ovviamente l'apporto in termini di punti non è quanto ci si aspetta da lui, ma se messo in condizione di giocare in posizione molto profonda, sappiamo tutti cosa è in grado di fare.

Punti deboli - Pochi, bisogna ammetterlo, ma sarà molto interessante cercare di capire come si adatteranno le avversarie. La nuova versione del Team USA ha una forza clamorosa sotto i tabelloni, una cabina di regia rinnovata e di collaudata affidabilità oltre ad un parco ali in grado di far arrossire chiunque. Il nostro pronostico non può che essere in loro favore, quest'anno più che mai.

venerdì 18 luglio 2008

Brandon Jennings da Los Angeles a Roma

Nome: Brandon Jennings

Data e Luogo di Nascita: Los Angeles, California (23/09/1989)

Nazionalità: Americana

Ruolo: Combo Guard

Altezza: 6-1 (185cm)

Peso: 170 lbs (77 kg)

High School – Jennings, Brandon. Uno dei tanti ragazzi che la California, nella sua parte losangelina pone sui campi da basket prima del quartiere, poi delle scuole e per pochi fortunati su quelli lucidati della NBA. La storia di Brandon, tuttavia, parte dagli Stati Uniti del sud dove si trasferisce con la famiglia appena un anno dopo la breve esperienza alla Dominguez High School di Compton (California). Lui però la pallacanestro professionistica in famiglia la annusa da qualche anno, essendo il cugino di quel Marcus Williams che per alcuni tratti di stagione aveva convinto Lawrence Frank (coach dei NJ Nets), tanto da schierarlo titolare, o comunque come rincalzo fisso di Jason Kidd. In Virginia si accorgono subito di aver fatto un affare: Jennings ha mezzi fisici entusiasmanti se rapportati alla sua età (classe ‘89) e delle abilità di passatore in grado di entusiasmare vere e proprie folle radunatesi intorno al campo. I più puritani storcono lievemente il naso di fronte al suo stile forse un po’ troppo improntato sulla filosofia “street”, ma Jennings continua ad illuminare il campo partita dopo partita e si guadagna una moltitudine di premi che attirano l’attenzione dei media su quello che ormai è riconosciuto come un talento purissimo. Miglior senior del 2008 secondo ESPN, USA Today, Van Coleman Hoopmaster, Clark Franics Hoopscoop e Dave Telep Scout.

College – Ormai le capacità del ragazzo sono note a tutto il nuovo continente e scatta una delle grandi classiche della pallacanestro giovanile americana: la gara delle migliori università per mettergli sulle spalle la propria divisa. Nell’agosto del 2006 Jennigs decide che l’offerta dei Trojans è la migliore, ma nell’aprile del 2007 ha già cambiato idea e trovato un pre-accordo con i Wildcats di Arizona. La scelta viene motivata da un programma di studi migliore e dalla possibilità di giocare con Jerryd Bayless, anche se quest’ultimo si sarebbe dichiarato eleggibile per il draft 2008. Arriviamo così a giugno di quest’anno, mese in cui il nativo di LA inizia a paventare l’ipotesi di accelerare la sua carriera, cercando di approdare ad una squadra professionistica. Le leggi che regolamentano la NBA parlano chiaro: nessun giocatore al di sotto dei 19 anni può dichiararsi eleggibile per il draft. Qui nasce l’idea di giocare uno o due anni in Europa; quanto basta per dimostrare il proprio valore con dei professionisti e tornare dall’altra parte dell’oceano con una casacca NBA pronta.

La Capitale – La prima a fiutare l’affare è la Lottomatica Virtus Roma, con Dejan Bodiroga a dirigere le operazioni. L’accordo viene raggiunto in un attimo ed anche se non si conoscono ancora i particolari del contratto, pare si tratti di un pluriennale con possibilità di svincolo verso squadre NBA. Nella Capitale si respira un certo grado di entusiasmo per questo ragazzo che, dopo l’acquisto di Becirovic, aggiunge dinamismo, talento e tanta voglia di mostrarsi al mondo cestistico professionistico.

mercoledì 16 luglio 2008

We're baaaack

Lo dicevano - e come documenta la foto, lo scrivevano - i tifosi dei Boston Celtics futuri campioni NBA a giugno e tanto per non andare fuori tema, lo diciamo anche noi rivolgendoci ai lettori di Right Thinking USA anzi che al famoso attore hollywoodiano. Perchè effettivamente l'assenza è stata prolungata, ma per vicende che in un modo o nell'altro occupano le vite di tutti quando non si fanno le 6 del mattino a seguire lo spettacolo della National Basketball Association.

Vita nuova, dicevamo, al ritorno dopo un periodo di assenza durante il quale abbiamo comunque lavorato al restyling del blog, ora portato su colori più chiari con una nuova intestazione, nuovi contenuti (presto) e tante idee che sveleremo strada facendo.

Ci eravamo lasciati in un clima di preparazione e di grande attesa per dei playoff che si annunciavano davvero infuocati, ci ritroviamo oggi con dei Boston Celtics campioni NBA e tanta cenere da cospargere sul capo perchè nonostante la imbarazzante superiorità messa in mostra durante la regular season, non avremmo scommesso un dollaro sui verdi di Rivers e Thibodeau (invertite l'ordine, se volete). Tempi duri, verrebbe da dire, con i calendari a recitare "No Games Today" con stordente costanza ma emozioni che sono giunte anche dalla notte del Draft. Danilo Gallinari giunto ai New York Knicks come Alice nel paese delle meraviglie, ma messo subito davanti alla profonda oscurità della tana del Bianconiglio: bordata di fischi all'ufficializzazione della sua chiamata da parte dello staff d'antoniano ed un Flavio Tranquillo che in cabina di commento sfiora la rissa verbale con il pubblico del Madison Square Garden. Pochi dubbi sul fatto che i fallimenti di Bargnani e Belinelli (nei video sulla destra trovate la sua grande prestazione durante la Summer League di Las Vegas) abbiano inciso sul giudizio di un'ennesima chiamata alta per un italiano del nostro campionato, ma Mike è convinto e farà bene a non sbagliare in una città dove si scende e si sale dal carro dei vincitori a velocità inquietanti. Alla prima davanti al pubblico di Las Vegas, Gallinari ha collezionato 14 punti dal campo in una partita giocata, come è consuetudine nel precampionato, ad intensità abbastanza bassa per gli standard NBA. Per Derrick Rose, invece, la favola del ritorno a casa ha avuto quantomeno un lieto inizio in seguito alle parole del suo nuovo coach Vinnie Del Negro, che ha dichiarato di aver visto raramente qualcosa di simile. Nel prossimo intervento approfondiremo maggiormente la nostra visione dei maggiori prospetti di questo draft (una delle novità consiste in interventi periodici per seguire le gesta dei maggiori prospetti di RTU); per ora spero solo di aver fatto un gradito ritorno.

mercoledì 9 aprile 2008

Top 5 quote

Federico Buffa è uno che nel nostro campo non ha bisogno di presentazioni. Questo piccolo appuntamento con le 5 migliori perle delle ultime partite, vuole essere un tributo al genio di un uomo che è veramente enciclopedico quando si parla di USA, anche allontanandosi da un ambito squisitamente cestistico.

Ma bando alle ciance, diceva qualcuno: primo episodio della top 5 quote!


5^ posizione - Boston @ Dallas
(su Avery Johnson) "Ti dirò meno cose di quelle che dicevo a Devin Harris perchè secondo me tu sei un playmaker più forte di me quando giocavo..."

...ma dai?!?!?



4^ posizione - Boston @ Dallas
Cassell distrugge con l'erbicida qualsiasi struttura offensiva: TIRA LUI!



3^ posizione - Dallas @ Denver
George Karl titolare della frase: "Sul lato forte la squada non mi dispiace, è sul lato debole che abbiamo qualche problema". Si candida ad umorista involontario della stagione.

L'ha detto per davvero...giuriamo!



2^ posizione - Phoenix @ Detroit
Secondo molta gente Tayshaun Prince doveva essere con gli Indiana Pacers perchè Donnie Walsh disse "lo scelgo".

Isaiah Thomas, suo allenatore, disse: "Prince?!?!? Ma state scherzando? Fred Jones è il nostro uomo!"



1^ posizione - Denver @ New Jersey
(su DeSagana Diop) Ragazzo squisito, oltre che classico ex-calciatore, come tutti africani riadattati al basket, ma come mi disse all'epoca:

"Sì sì, ma non portiere come Olajuwon...libero! A testa alta uscivo dall'area!"

"Alla Franco Baresi" ho aggiunto io...

"Who?"

"Vabbè, lasciamo perdere DeSagana..."

martedì 8 aprile 2008

John Calipari e l'allergia alla lunetta

Inizialmente non avrei voluto spendere più di tanto sulla finale NCAA e sulle strampalate teorie di coach Calipari, ma l'andamento della gara, in un certo qual modo, mi costringe a trattare l'argomento.

Stanotte anche il campionato professionistico si è fermato per permettere alle televisioni di accaparrarsi il famoso share di pubblico appassionato di basket, che magari non avrebbe avuto dubbi nella scelta tra il college basketball ed il consueto show di un LeBron James qualunque. Comportamento condivisibile o meno, che comunque ha dato agli addetti ai lavori, compreso il sottoscritto, la possibilità di ammirare due dei principali prospetti per quanto riguarda l'anno prossimo: Derrick Rose e Brandon Rush. Non fosse per il suo allenatore, la tentazione di fare almeno un po' di tifo per Memphis c'era, anche perchè in pochi hanno creduto che il coach dei Tigers fosse serio quando prima della partita ha dichiarato: "non credo che il nostro 59% dalla lunetta vada migliorato perchè i ragazzi sono sempre riusciti a spuntarla quando la posta in palio era alta". Fatto sta che i suoi ragazzi erano davvero sul punto di compiere l'impresa, perchè con 2:12 da giocare ed un vantaggio di 12 punti, perdere la partita dalla linea del tiro libero non è impresa per tutti: in due minuti e poco più di gioco, Kansas ha invitato in maniera sistematica gli avversari in lunetta ed il risultato, in 2 minuti di ciò, è stato la riduzione del vantaggio Tigers a soli 3 punti con 10 secondi da giocare. Dieci secondi, cestisticamente non una, ma tre eternità. Non sembravano dello stesso avviso i ragazzi di Calipari (e Calipari stesso), che in panchina davano incredibilmente inizio ai festeggiamenti. A quel punto, ammetto di aver soffiato anche io sul pallone sparato in aria da Chalmers, che ha schiaffeggiato la retina e l'euforia avversaria.

La spiegazione finale di Calipari ve la trasmetto per la serie "chiudere la bocca, mai" ed è la seguente:"Con soli 10 secondi da giocare, sentivamo di essere i campioni nazionali ma quel tiro improvviso è entrato ed il nostro no".

Venerdì parlavamo delle fatiche del made in Italy dall'altra parte dell'oceano ed anche se Calipari, a dispetto del cognome, è nato in Pennsylvania, l'analogia è troppo ghiotta per non essere sfruttata: a quanto pare, anche a livello di college, i prodotti nostrani non fanno propriamente una bella figura.

domenica 6 aprile 2008

Made in Italy

Inserire un italiano promettente nella lottery draft NBA è quasi divenuta una consuetudine: ha aperto le danze Bargnani (al primo posto l'anno scorso), seguito da Belinelli quest'anno e da un Gallinari con le valigie già pronte per la prossima edizione. Tuttavia, gli italiani non sono troppo ben visti, una volta approdati nelle franchigie di appartenenza e dopo due anni di attenta osservazione, le prime somme possiamo tirarle.

Nel periodo in cui l'Eurolega è riuscita a rosicchiare ampissime fette di oceano, portando il suo livello a valori visti raramente nella massima competizione europea; ed il campionato italiano, grazie ad una Montepaschi monumentale vanta nuovamente una squadra alle Final Four, il made in Italy fatica ad emergere negli States. Che siano state le diossine della nostra mozzarella? Fatto sta che i prodotti della pallacanestro nazionale hanno entrambi tradito le aspettative (forse esagerate, a dire il vero) iniziali. Anche volendo dare tutte le attenuanti del caso, dettate da una lega che vista da italiani ha veramente poco senso; anche volendo dire che la condizione fisica può essere intaccata dai ritmi allucinanti di questo meraviglioso campionato, non mi sento di giustificare il fallimento di questi due anni con quanto detto sopra. Entrando nel dettaglio, Bargnani -lo sapevamo- aveva un gap fisico molto ampio da colmare, ma di miglioramenti da questo punto di vista se ne sono visti proprio pochi. Anche Mitchell ha deciso di metterci del suo, perchè stanotte contro i Bobcats, quando tutto diceva che il Mago aveva centrato una delle poche serate positive, il buon Sam nei minuti finali gli ha concesso un uno-contro-uno con il Gatorade, comodamente seduto in panchina. Andrea incassa e fa spallucce, anche perchè la preoccupazione maggiore allo stato attuale, è trovarsi una serie di playoff contro i Pistons.

Belinelli è un altro fallimento che faccio fatica a spiegarmi completamente. Quest'estate, quando ho letto che avrebbe vestito la casacca dei Golden State Warriors, ho subito pensato che era la squadra adatta al suo tipo di gioco ed ai suoi ritmi. Anche in questo caso, successivamente, le aspettative si sono spente in una sola intervista, quando Nelson ha promesso "qualche secondo di gioco" alla guardia ex Fortitudo Bologna. Stanotte, tra lo stupore generale, Nelson l'ha chiamato con 1:21 da giocare nel primo quarto e tutti noi (forse lo stesso Belinelli) abbiamo pensato ad un errore da parte del coach di GSW. Come e perchè sia giunta questa sostituzione non è dato saperlo, ma Marco ha deciso di sfruttare l'occasione, piazzando a referto 13 punti, 4 rimbalzi e 2 assist. Segnali, anche se non definitivi, che Nelson non potrà ignorare, almeno in vista della prossima stagione.

Altro prodotto pregiato di cui già si parla sulle due coste è Gallinari. Il gioiello dell'Armani Jeans ha già ricevuto molti apprezzamenti da svariati addetti ai lavori, ma i complimenti più convinti sono arrivati da un Mike D'Antoni che ha confessato: "mi ricorda il padre". I ricami non si sono fatti attendere e se chiedete nella Mela dove andrà a finire Gallinari, nessuno ha dubbi: ai Knicks, sotto la guida di D'Antoni. Scenario forse un po' troppo complesso da prevedere ad Aprile, ma si parla di New York quindi perchè negarsi qualche rumor?

Concludendo, cos'è che rende di così difficile apprezzamento il made in Italy nella NBA? I due giocatori citati militano in due franchigie agli antipodi ed in comune hanno ben poco, se non la facilità di tirare da qualsiasi posizione con una innata naturalezza. La risposta è presto data, almeno in parte: fisicamente sembra che i nostri paghino tantissimo il passaggio da un campionato dove si gioca il sabato o la domenica, per 40 minuti ed un numero "leggermente" minore d'incontri, ad una carrellata di partite senza interruzione da ottobre a giugno. Poi il gap, forse incolmabile, con la nuova generazione di afroamericani. Pensiamo alle strutture muscolari di James ed Howard, costruite per giocare a pallacanestro.


L'oceano si è ristretto, ma per rimanera a galla nelle tormentate acque della National Basketball Association servono braccia forti.

venerdì 4 aprile 2008

Road to 2008 playoffs

Con la situazione della griglia ancora in via di definizione, è arrivato aprile e spunti per il proseguio del campionato ce ne sono. Ce ne sono fin troppi ad est e fin troppo pochi ad ovest, dove i Denver Nuggets forse farebbero bene a lasciare il posto ai Warriors, che almeno hanno dimostrato di sapersi ben comportare l'anno scorso. Perchè parliamoci chiaro: quanto può andare avanti da fine aprile in poi una squadra che concede 106 punti di media? Ok, Golden State riesce a concederne 108, ma nelle partite importanti in linea di massima l'intensità non la fa mai mancare ed il sapiente Don Nelson potrebbe regalarci qualche colpo di scena in più rispetto ad un Karl che ha risolto con la zona (a sua personalissima interpretazione) la mancanza di intensità difensiva da parte dei suoi.

Ma accantonato il discorso dell'ottavo posto ad ovest, visto che nessuno si aspetta di vedere una di queste due squadre alla serie finale, vediamo chi sono le candidate principali per giocarsi questo benedetto titolo, molto verosimilmente contro Boston (al massimo Detroit o Cleveland). Dall'alto verso il basso, primi della classe sono gli Hornets ed anche se il vantaggio su San Antonio è esiguo, la maggior parte degli addetti ai lavori non hanno dato un minimo di fiducia alla squadra di Paul. Mi sembra giunto il momento di considerare seriamente questi Hornets, considerata anche la favorevolissima posizione da cui partiranno.

Su San Antonio si sono spese pagine e pagine durante tutto il corso della stagione, a causa di un avvio molto deludente. Non dico che me lo aspettassi, ma che la primavera faccia incredibilmente bene agli uomini di Popovich è ormai un dato di fatto: è bastato l'odore di post season, l'odore di partite che contano, per portare i texani a mezza vittoria dalla capolista. Sembra proprio che gli Spurs abbiano messo il vestito delle grandi occasioni ed ormai manca davverp poco al gran ballo.

Spese due parole per le migliori squadre ad ovest, il resto mostra tante potenzialità quante lacune, di vario tipo. I Lakers sono ad una vittoria e mezzo dalla vetta, benissimo, ma l'impressione che abbiano perso lo smalto del primo periodo post-Gasol si va facendo strada ogni giorno di più; un po' come l'impressione che il rientro di Bynum possa non essere esattamente la manna dal cielo che si aspettano a Los Angeles. Perchè? Semplicemente per un discorso di starting five e per le personalità che compongono il roster dei losangelini: Odom ha più volte ribadito che non intende giocare in posizione di ala piccola, ma l'innesto di Bynum sposterà inevitabilmente Gasol nella posizione di numero 4, attualmente occupata da Lamar. Se giocassimo con le figurine, Bynum-Gasol-Odom-Bryant-Fisher farebbe tremare polsi ed altre giunture corporee agli avversari, ma i dubbi sulla realizzazione di un impronta di gioco basata su questi partenti rimangono, anche perchè non è battle tested (rodato) nella maniera più assoluta!

Verrebbero i Jazz, migliore squadra della lega tra le mura amiche (solo 4 sconfitte fin qui), ma con uno score esterno che fa un po' senso, se accostato a quello di cui sopra. Poche vittorie prestigiose, una delle quali sui Celtics, ad onor del vero già ampiamente qualificati ai playoff come prima. Non credo ci sia qualcosa di meglio delle cifre per raccontare la stagione di Utah e dando uno sguardo alla griglia playoff, viene da pensare che possano essere un pericolo solo fino a quando avranno il vantaggio del fattore campo, ammesso che siano perfetti in casa. Anche se farebbe piacere (almeno al sottoscritto) vedere Deron Williams su palchi importanti a giocarsi trofei significativi. Ma per questo fortunatamente c'è tempo.

Phoenix Suns? A qualche mesetto dall'acquisto di Shaq, possiamo tirare le prime somme direi. La dirigenza ha ceduto un Marion che offriva migliore qualità sotto canestro, vicinissima quantità di rimbalzi ed una struttura corporea -oltre che mentale- già predisposta al gioco d'antoniano. E' arrivato O'Neal, che non è più quello di acciaio degli anni passati, che fa vendere tante magliette, che forse ha un aspetto un po' più intimidatorio dell'ala grande ceduta agli Heat (già free-agent quest'estate), ma non tanto di più. Con il suo arrivo, il coach dei Suns è stato costretto a snaturare il suo gioco, ma il risultato per ora è lontano dall'essere soddisfacente, anche perchè nel match che tutti tirano fuori ultimamente (quello vinto in rimonta, in casa contro San Antonio) qualche decisione arbitrale abbastanza controversa e degli Spurs ancora in versione "regular season" hanno condizionato in maniera forte l'esito del match. Possibilità che ciò si ripeta in una eventuale serie di playoff? Bassine anzi che no.

Poco sotto, i Rockets che hanno incredibilmente smarrito il tocco magico di Adelman, dopo la serie di 22 partite vinte. Tenere quel ritmo era obiettivamente impossibile, ma dopo la serie storica, Houston è andata calando continuamente, sotto tutti gli aspetti del gioco. Piccola tirata di fiato per affrontare al meglio i prossimi mesi? Forse; ma intanto la loro posizione nella griglia di partenza è momentaneamente ridimensionata.

A chiudere il banchetto delle grandi invitate, ci dovrebbe essere Dallas, ma ai Mavericks (come temevo) l'acquisto di Kidd e la cessione della coppia Harris-Diop non ha giovato più di tanto. Buona parte delle colpe se le può ampiamente accaparrare Avery Johnson, che ha dimostrato per l'ennesima volta di non essere in grado di guidare questa squadra. Con un play del genere a disposizione e Nowitzki in campo, i compiti di Jason si limitano a consegnare il pallone al tedesco in isolamento e qualche lampo (dettato solamente dal genio dell'ex-Nets) si vede solo in transizione. Ergo, se Dallas non può correre con una certa continuità, le possibilità offensive si riducono a poche soluzioni, per altro a bassa percentuale.

La situazione ad Ovest, come avrete inteso, è parecchio ingarbugliata. Il timore che si presenti ancora una volta San Antonio con il biglietto per le Finals tra le mani, inizia a farsi largo tra gli amanti dei colpi di scena. Personalmente mi schiererò -anche se sarà difficilissimo- per vedere la favola di New Orleans giungere al gran finale.

Nella Eastern Conference la situazione è diversa. In ordine, Boston, Detroit ed i miei Cleveland Cavaliers sembrano le uniche in grado di giocarsi il titolo di campioni. Non vedo per niente bene gli Orlando Magic, che sono attualmente terzi, ma che hanno un tipo di gioco fortemente in contrasto con le logiche dei playoff. La posizione favorevole potrebbe offrire loro il passaggio del primo turno, ma se Phila dovesse scalzare Toronto al sesto posto, allora avrei i miei dubbi anche su quanto detto prima. Il resto della Eastern ha tanto l'aspetto di mero riempimento, anche confrontandolo con la Western.