mercoledì 23 luglio 2008

End of bronze age?

La stampa americana se lo chiede dall'ufficializzazione del roster che cercherà di porre fine a quella che è stata rinominata "l'era del bronzo". Riusciranno Wade, James, Anthony e gli altri extraterrestri di questa squadra a piazzare nuovamente la bandiera a stelle e strisce sul tetto del mondo? Già, perchè dopo l'Argentina (2004), ci si sono messi anche i greci (2006) a negare l'accesso alla finale, nel primo caso olimpica, nel secondo del campionato del mondo FIBA. Ed allora cosa potrà essere cambiato tanto da indurre i bookmaker a fare della compagine d'oltre oceano la favorita assoluta di questa rassegna olimpica?

Guardie - Sostanzialmente il backcourt è il reparto che ha subito la trasformazione più profonda dell'intero roster. Lasciati a casa Kirk Hinrich e Joe Johnson in favore di Deron Williams e Jason Kidd. Le conseguenze vanno oltre il plus/minus tecnico che apportano i due innesti. A Kidd saranno consegnate le chiavi della squadra per compiere un salto di qualità, ma soprattutto di esperienza internazionale, notevole rispetto all'era dell'inconcludente Hinrich o all'acerbo Paul. Con un parco playmaker che recita Jason Kidd, Deron Williams e Chris Paul (quello del 2008, secondo alla votazione per l'MVP dopo Kobe Bryant) una mezza spiegazione della quota stimata dai bookmaker l'abbiamo già parzialmente trovata, ma le sorprese non finiscono qui. Krzyewski infatti ha trovato il modo di far indossare per la prima volta nella sua carriera la casacca USA al fresco vincitore del MVP Award 2008 per quanto riguarda la regular season: Kobe Bryant. Nello spot di shooting guard, Kobe si è detto addirittura disposto a sacrificare il suo gioco accentratore per dare un maggiore aiuto difensivamente, contro squadre dimostratesi ampiamente più preparate negli ultimi anni. Ricapitolando, il reparto piccoli perde Hinrich e guadagna uno dei migliori playmaker della storia del gioco, coperto da due ragazzi che sembrano destinati a seguire le sue orme oltre ad uno dei giocatori più mortiferi mai visti sui 28 metri di parquet. Tutto questo, attendendo un Dwayne Wade desideroso di dimostrare che il 2006 non è stato un anno solamente fortunato e che la sua stella è destinata a brillare ancora.

Ali - Il parco ali fa da scenario alla bocciatura di Jamison, Brand e Battier. Motivo? Innanzitutto il bisogno di liberare un posto per Kobe ha determinato la prima opera di scrematura e la scelta di Brand, dopo una stagione segnata dagli infortuni era abbastanza logica. Coach K ha poi deciso di portarsi dietro un parco guardie molto più corposo rispetto al 2006 ed inserendo Michael Redd come sesta guardia, il secondo colpo è per forza di cose caduto sulle ali e più precisamente su un Jamison che aveva comunque guidato Washington nei periodi grigi post-infortunio di Arenas. Battier o Prince? L'ala di Detroit desiderava una chance di esordire con il Team USA più di qualsiasi altra cosa e prevedendo ancora una volta un LeBron James abbastanza stanco dopo il solito one man show annuale alla Quicken Loans Arena di Cleveland, il coaching staff lo ha accontentato. Carlos Boozer chiude il cerchio delle novità per quanto riguarda questo reparto, chiamato a dare più aggressività (nel caso si opti per un quintetto alto) rispetto a quanto potrebbe fare Chris Bosh, dopo l'ennesima stagione in cui a Toronto si sono chiesti dove fosse la leadership di questo ragazzo. Il quadro complessivo fornisce tante di quelle varianti tattiche che sarebbe impossibile elencarle tutte. Resta solo da vedere che tipo di impronta si vorrà dare al quintetto iniziale.

Centri - Poco da dire. Si punta su Howard e sulla speranza che la sua stellare stagione continui. In europa nessuno è in grado di reggere il confronto fisico e Krzyewski conta molto su un eventuale double team sistematico per liberare, a scelta, uno dei suoi. Difensivamente la versione 2008 del buon Dwight intimidirebbe anche Conan The Barbarian e psicologicamente sarà molto difficile per un qualsiasi avversario trovare la lucidità per avvicinarsi al ferro senza vedersi rispedire indietro il pallone. Ovviamente l'apporto in termini di punti non è quanto ci si aspetta da lui, ma se messo in condizione di giocare in posizione molto profonda, sappiamo tutti cosa è in grado di fare.

Punti deboli - Pochi, bisogna ammetterlo, ma sarà molto interessante cercare di capire come si adatteranno le avversarie. La nuova versione del Team USA ha una forza clamorosa sotto i tabelloni, una cabina di regia rinnovata e di collaudata affidabilità oltre ad un parco ali in grado di far arrossire chiunque. Il nostro pronostico non può che essere in loro favore, quest'anno più che mai.

venerdì 18 luglio 2008

Brandon Jennings da Los Angeles a Roma

Nome: Brandon Jennings

Data e Luogo di Nascita: Los Angeles, California (23/09/1989)

Nazionalità: Americana

Ruolo: Combo Guard

Altezza: 6-1 (185cm)

Peso: 170 lbs (77 kg)

High School – Jennings, Brandon. Uno dei tanti ragazzi che la California, nella sua parte losangelina pone sui campi da basket prima del quartiere, poi delle scuole e per pochi fortunati su quelli lucidati della NBA. La storia di Brandon, tuttavia, parte dagli Stati Uniti del sud dove si trasferisce con la famiglia appena un anno dopo la breve esperienza alla Dominguez High School di Compton (California). Lui però la pallacanestro professionistica in famiglia la annusa da qualche anno, essendo il cugino di quel Marcus Williams che per alcuni tratti di stagione aveva convinto Lawrence Frank (coach dei NJ Nets), tanto da schierarlo titolare, o comunque come rincalzo fisso di Jason Kidd. In Virginia si accorgono subito di aver fatto un affare: Jennings ha mezzi fisici entusiasmanti se rapportati alla sua età (classe ‘89) e delle abilità di passatore in grado di entusiasmare vere e proprie folle radunatesi intorno al campo. I più puritani storcono lievemente il naso di fronte al suo stile forse un po’ troppo improntato sulla filosofia “street”, ma Jennings continua ad illuminare il campo partita dopo partita e si guadagna una moltitudine di premi che attirano l’attenzione dei media su quello che ormai è riconosciuto come un talento purissimo. Miglior senior del 2008 secondo ESPN, USA Today, Van Coleman Hoopmaster, Clark Franics Hoopscoop e Dave Telep Scout.

College – Ormai le capacità del ragazzo sono note a tutto il nuovo continente e scatta una delle grandi classiche della pallacanestro giovanile americana: la gara delle migliori università per mettergli sulle spalle la propria divisa. Nell’agosto del 2006 Jennigs decide che l’offerta dei Trojans è la migliore, ma nell’aprile del 2007 ha già cambiato idea e trovato un pre-accordo con i Wildcats di Arizona. La scelta viene motivata da un programma di studi migliore e dalla possibilità di giocare con Jerryd Bayless, anche se quest’ultimo si sarebbe dichiarato eleggibile per il draft 2008. Arriviamo così a giugno di quest’anno, mese in cui il nativo di LA inizia a paventare l’ipotesi di accelerare la sua carriera, cercando di approdare ad una squadra professionistica. Le leggi che regolamentano la NBA parlano chiaro: nessun giocatore al di sotto dei 19 anni può dichiararsi eleggibile per il draft. Qui nasce l’idea di giocare uno o due anni in Europa; quanto basta per dimostrare il proprio valore con dei professionisti e tornare dall’altra parte dell’oceano con una casacca NBA pronta.

La Capitale – La prima a fiutare l’affare è la Lottomatica Virtus Roma, con Dejan Bodiroga a dirigere le operazioni. L’accordo viene raggiunto in un attimo ed anche se non si conoscono ancora i particolari del contratto, pare si tratti di un pluriennale con possibilità di svincolo verso squadre NBA. Nella Capitale si respira un certo grado di entusiasmo per questo ragazzo che, dopo l’acquisto di Becirovic, aggiunge dinamismo, talento e tanta voglia di mostrarsi al mondo cestistico professionistico.

mercoledì 16 luglio 2008

We're baaaack

Lo dicevano - e come documenta la foto, lo scrivevano - i tifosi dei Boston Celtics futuri campioni NBA a giugno e tanto per non andare fuori tema, lo diciamo anche noi rivolgendoci ai lettori di Right Thinking USA anzi che al famoso attore hollywoodiano. Perchè effettivamente l'assenza è stata prolungata, ma per vicende che in un modo o nell'altro occupano le vite di tutti quando non si fanno le 6 del mattino a seguire lo spettacolo della National Basketball Association.

Vita nuova, dicevamo, al ritorno dopo un periodo di assenza durante il quale abbiamo comunque lavorato al restyling del blog, ora portato su colori più chiari con una nuova intestazione, nuovi contenuti (presto) e tante idee che sveleremo strada facendo.

Ci eravamo lasciati in un clima di preparazione e di grande attesa per dei playoff che si annunciavano davvero infuocati, ci ritroviamo oggi con dei Boston Celtics campioni NBA e tanta cenere da cospargere sul capo perchè nonostante la imbarazzante superiorità messa in mostra durante la regular season, non avremmo scommesso un dollaro sui verdi di Rivers e Thibodeau (invertite l'ordine, se volete). Tempi duri, verrebbe da dire, con i calendari a recitare "No Games Today" con stordente costanza ma emozioni che sono giunte anche dalla notte del Draft. Danilo Gallinari giunto ai New York Knicks come Alice nel paese delle meraviglie, ma messo subito davanti alla profonda oscurità della tana del Bianconiglio: bordata di fischi all'ufficializzazione della sua chiamata da parte dello staff d'antoniano ed un Flavio Tranquillo che in cabina di commento sfiora la rissa verbale con il pubblico del Madison Square Garden. Pochi dubbi sul fatto che i fallimenti di Bargnani e Belinelli (nei video sulla destra trovate la sua grande prestazione durante la Summer League di Las Vegas) abbiano inciso sul giudizio di un'ennesima chiamata alta per un italiano del nostro campionato, ma Mike è convinto e farà bene a non sbagliare in una città dove si scende e si sale dal carro dei vincitori a velocità inquietanti. Alla prima davanti al pubblico di Las Vegas, Gallinari ha collezionato 14 punti dal campo in una partita giocata, come è consuetudine nel precampionato, ad intensità abbastanza bassa per gli standard NBA. Per Derrick Rose, invece, la favola del ritorno a casa ha avuto quantomeno un lieto inizio in seguito alle parole del suo nuovo coach Vinnie Del Negro, che ha dichiarato di aver visto raramente qualcosa di simile. Nel prossimo intervento approfondiremo maggiormente la nostra visione dei maggiori prospetti di questo draft (una delle novità consiste in interventi periodici per seguire le gesta dei maggiori prospetti di RTU); per ora spero solo di aver fatto un gradito ritorno.