mercoledì 9 aprile 2008

Top 5 quote

Federico Buffa è uno che nel nostro campo non ha bisogno di presentazioni. Questo piccolo appuntamento con le 5 migliori perle delle ultime partite, vuole essere un tributo al genio di un uomo che è veramente enciclopedico quando si parla di USA, anche allontanandosi da un ambito squisitamente cestistico.

Ma bando alle ciance, diceva qualcuno: primo episodio della top 5 quote!


5^ posizione - Boston @ Dallas
(su Avery Johnson) "Ti dirò meno cose di quelle che dicevo a Devin Harris perchè secondo me tu sei un playmaker più forte di me quando giocavo..."

...ma dai?!?!?



4^ posizione - Boston @ Dallas
Cassell distrugge con l'erbicida qualsiasi struttura offensiva: TIRA LUI!



3^ posizione - Dallas @ Denver
George Karl titolare della frase: "Sul lato forte la squada non mi dispiace, è sul lato debole che abbiamo qualche problema". Si candida ad umorista involontario della stagione.

L'ha detto per davvero...giuriamo!



2^ posizione - Phoenix @ Detroit
Secondo molta gente Tayshaun Prince doveva essere con gli Indiana Pacers perchè Donnie Walsh disse "lo scelgo".

Isaiah Thomas, suo allenatore, disse: "Prince?!?!? Ma state scherzando? Fred Jones è il nostro uomo!"



1^ posizione - Denver @ New Jersey
(su DeSagana Diop) Ragazzo squisito, oltre che classico ex-calciatore, come tutti africani riadattati al basket, ma come mi disse all'epoca:

"Sì sì, ma non portiere come Olajuwon...libero! A testa alta uscivo dall'area!"

"Alla Franco Baresi" ho aggiunto io...

"Who?"

"Vabbè, lasciamo perdere DeSagana..."

martedì 8 aprile 2008

John Calipari e l'allergia alla lunetta

Inizialmente non avrei voluto spendere più di tanto sulla finale NCAA e sulle strampalate teorie di coach Calipari, ma l'andamento della gara, in un certo qual modo, mi costringe a trattare l'argomento.

Stanotte anche il campionato professionistico si è fermato per permettere alle televisioni di accaparrarsi il famoso share di pubblico appassionato di basket, che magari non avrebbe avuto dubbi nella scelta tra il college basketball ed il consueto show di un LeBron James qualunque. Comportamento condivisibile o meno, che comunque ha dato agli addetti ai lavori, compreso il sottoscritto, la possibilità di ammirare due dei principali prospetti per quanto riguarda l'anno prossimo: Derrick Rose e Brandon Rush. Non fosse per il suo allenatore, la tentazione di fare almeno un po' di tifo per Memphis c'era, anche perchè in pochi hanno creduto che il coach dei Tigers fosse serio quando prima della partita ha dichiarato: "non credo che il nostro 59% dalla lunetta vada migliorato perchè i ragazzi sono sempre riusciti a spuntarla quando la posta in palio era alta". Fatto sta che i suoi ragazzi erano davvero sul punto di compiere l'impresa, perchè con 2:12 da giocare ed un vantaggio di 12 punti, perdere la partita dalla linea del tiro libero non è impresa per tutti: in due minuti e poco più di gioco, Kansas ha invitato in maniera sistematica gli avversari in lunetta ed il risultato, in 2 minuti di ciò, è stato la riduzione del vantaggio Tigers a soli 3 punti con 10 secondi da giocare. Dieci secondi, cestisticamente non una, ma tre eternità. Non sembravano dello stesso avviso i ragazzi di Calipari (e Calipari stesso), che in panchina davano incredibilmente inizio ai festeggiamenti. A quel punto, ammetto di aver soffiato anche io sul pallone sparato in aria da Chalmers, che ha schiaffeggiato la retina e l'euforia avversaria.

La spiegazione finale di Calipari ve la trasmetto per la serie "chiudere la bocca, mai" ed è la seguente:"Con soli 10 secondi da giocare, sentivamo di essere i campioni nazionali ma quel tiro improvviso è entrato ed il nostro no".

Venerdì parlavamo delle fatiche del made in Italy dall'altra parte dell'oceano ed anche se Calipari, a dispetto del cognome, è nato in Pennsylvania, l'analogia è troppo ghiotta per non essere sfruttata: a quanto pare, anche a livello di college, i prodotti nostrani non fanno propriamente una bella figura.

domenica 6 aprile 2008

Made in Italy

Inserire un italiano promettente nella lottery draft NBA è quasi divenuta una consuetudine: ha aperto le danze Bargnani (al primo posto l'anno scorso), seguito da Belinelli quest'anno e da un Gallinari con le valigie già pronte per la prossima edizione. Tuttavia, gli italiani non sono troppo ben visti, una volta approdati nelle franchigie di appartenenza e dopo due anni di attenta osservazione, le prime somme possiamo tirarle.

Nel periodo in cui l'Eurolega è riuscita a rosicchiare ampissime fette di oceano, portando il suo livello a valori visti raramente nella massima competizione europea; ed il campionato italiano, grazie ad una Montepaschi monumentale vanta nuovamente una squadra alle Final Four, il made in Italy fatica ad emergere negli States. Che siano state le diossine della nostra mozzarella? Fatto sta che i prodotti della pallacanestro nazionale hanno entrambi tradito le aspettative (forse esagerate, a dire il vero) iniziali. Anche volendo dare tutte le attenuanti del caso, dettate da una lega che vista da italiani ha veramente poco senso; anche volendo dire che la condizione fisica può essere intaccata dai ritmi allucinanti di questo meraviglioso campionato, non mi sento di giustificare il fallimento di questi due anni con quanto detto sopra. Entrando nel dettaglio, Bargnani -lo sapevamo- aveva un gap fisico molto ampio da colmare, ma di miglioramenti da questo punto di vista se ne sono visti proprio pochi. Anche Mitchell ha deciso di metterci del suo, perchè stanotte contro i Bobcats, quando tutto diceva che il Mago aveva centrato una delle poche serate positive, il buon Sam nei minuti finali gli ha concesso un uno-contro-uno con il Gatorade, comodamente seduto in panchina. Andrea incassa e fa spallucce, anche perchè la preoccupazione maggiore allo stato attuale, è trovarsi una serie di playoff contro i Pistons.

Belinelli è un altro fallimento che faccio fatica a spiegarmi completamente. Quest'estate, quando ho letto che avrebbe vestito la casacca dei Golden State Warriors, ho subito pensato che era la squadra adatta al suo tipo di gioco ed ai suoi ritmi. Anche in questo caso, successivamente, le aspettative si sono spente in una sola intervista, quando Nelson ha promesso "qualche secondo di gioco" alla guardia ex Fortitudo Bologna. Stanotte, tra lo stupore generale, Nelson l'ha chiamato con 1:21 da giocare nel primo quarto e tutti noi (forse lo stesso Belinelli) abbiamo pensato ad un errore da parte del coach di GSW. Come e perchè sia giunta questa sostituzione non è dato saperlo, ma Marco ha deciso di sfruttare l'occasione, piazzando a referto 13 punti, 4 rimbalzi e 2 assist. Segnali, anche se non definitivi, che Nelson non potrà ignorare, almeno in vista della prossima stagione.

Altro prodotto pregiato di cui già si parla sulle due coste è Gallinari. Il gioiello dell'Armani Jeans ha già ricevuto molti apprezzamenti da svariati addetti ai lavori, ma i complimenti più convinti sono arrivati da un Mike D'Antoni che ha confessato: "mi ricorda il padre". I ricami non si sono fatti attendere e se chiedete nella Mela dove andrà a finire Gallinari, nessuno ha dubbi: ai Knicks, sotto la guida di D'Antoni. Scenario forse un po' troppo complesso da prevedere ad Aprile, ma si parla di New York quindi perchè negarsi qualche rumor?

Concludendo, cos'è che rende di così difficile apprezzamento il made in Italy nella NBA? I due giocatori citati militano in due franchigie agli antipodi ed in comune hanno ben poco, se non la facilità di tirare da qualsiasi posizione con una innata naturalezza. La risposta è presto data, almeno in parte: fisicamente sembra che i nostri paghino tantissimo il passaggio da un campionato dove si gioca il sabato o la domenica, per 40 minuti ed un numero "leggermente" minore d'incontri, ad una carrellata di partite senza interruzione da ottobre a giugno. Poi il gap, forse incolmabile, con la nuova generazione di afroamericani. Pensiamo alle strutture muscolari di James ed Howard, costruite per giocare a pallacanestro.


L'oceano si è ristretto, ma per rimanera a galla nelle tormentate acque della National Basketball Association servono braccia forti.

venerdì 4 aprile 2008

Road to 2008 playoffs

Con la situazione della griglia ancora in via di definizione, è arrivato aprile e spunti per il proseguio del campionato ce ne sono. Ce ne sono fin troppi ad est e fin troppo pochi ad ovest, dove i Denver Nuggets forse farebbero bene a lasciare il posto ai Warriors, che almeno hanno dimostrato di sapersi ben comportare l'anno scorso. Perchè parliamoci chiaro: quanto può andare avanti da fine aprile in poi una squadra che concede 106 punti di media? Ok, Golden State riesce a concederne 108, ma nelle partite importanti in linea di massima l'intensità non la fa mai mancare ed il sapiente Don Nelson potrebbe regalarci qualche colpo di scena in più rispetto ad un Karl che ha risolto con la zona (a sua personalissima interpretazione) la mancanza di intensità difensiva da parte dei suoi.

Ma accantonato il discorso dell'ottavo posto ad ovest, visto che nessuno si aspetta di vedere una di queste due squadre alla serie finale, vediamo chi sono le candidate principali per giocarsi questo benedetto titolo, molto verosimilmente contro Boston (al massimo Detroit o Cleveland). Dall'alto verso il basso, primi della classe sono gli Hornets ed anche se il vantaggio su San Antonio è esiguo, la maggior parte degli addetti ai lavori non hanno dato un minimo di fiducia alla squadra di Paul. Mi sembra giunto il momento di considerare seriamente questi Hornets, considerata anche la favorevolissima posizione da cui partiranno.

Su San Antonio si sono spese pagine e pagine durante tutto il corso della stagione, a causa di un avvio molto deludente. Non dico che me lo aspettassi, ma che la primavera faccia incredibilmente bene agli uomini di Popovich è ormai un dato di fatto: è bastato l'odore di post season, l'odore di partite che contano, per portare i texani a mezza vittoria dalla capolista. Sembra proprio che gli Spurs abbiano messo il vestito delle grandi occasioni ed ormai manca davverp poco al gran ballo.

Spese due parole per le migliori squadre ad ovest, il resto mostra tante potenzialità quante lacune, di vario tipo. I Lakers sono ad una vittoria e mezzo dalla vetta, benissimo, ma l'impressione che abbiano perso lo smalto del primo periodo post-Gasol si va facendo strada ogni giorno di più; un po' come l'impressione che il rientro di Bynum possa non essere esattamente la manna dal cielo che si aspettano a Los Angeles. Perchè? Semplicemente per un discorso di starting five e per le personalità che compongono il roster dei losangelini: Odom ha più volte ribadito che non intende giocare in posizione di ala piccola, ma l'innesto di Bynum sposterà inevitabilmente Gasol nella posizione di numero 4, attualmente occupata da Lamar. Se giocassimo con le figurine, Bynum-Gasol-Odom-Bryant-Fisher farebbe tremare polsi ed altre giunture corporee agli avversari, ma i dubbi sulla realizzazione di un impronta di gioco basata su questi partenti rimangono, anche perchè non è battle tested (rodato) nella maniera più assoluta!

Verrebbero i Jazz, migliore squadra della lega tra le mura amiche (solo 4 sconfitte fin qui), ma con uno score esterno che fa un po' senso, se accostato a quello di cui sopra. Poche vittorie prestigiose, una delle quali sui Celtics, ad onor del vero già ampiamente qualificati ai playoff come prima. Non credo ci sia qualcosa di meglio delle cifre per raccontare la stagione di Utah e dando uno sguardo alla griglia playoff, viene da pensare che possano essere un pericolo solo fino a quando avranno il vantaggio del fattore campo, ammesso che siano perfetti in casa. Anche se farebbe piacere (almeno al sottoscritto) vedere Deron Williams su palchi importanti a giocarsi trofei significativi. Ma per questo fortunatamente c'è tempo.

Phoenix Suns? A qualche mesetto dall'acquisto di Shaq, possiamo tirare le prime somme direi. La dirigenza ha ceduto un Marion che offriva migliore qualità sotto canestro, vicinissima quantità di rimbalzi ed una struttura corporea -oltre che mentale- già predisposta al gioco d'antoniano. E' arrivato O'Neal, che non è più quello di acciaio degli anni passati, che fa vendere tante magliette, che forse ha un aspetto un po' più intimidatorio dell'ala grande ceduta agli Heat (già free-agent quest'estate), ma non tanto di più. Con il suo arrivo, il coach dei Suns è stato costretto a snaturare il suo gioco, ma il risultato per ora è lontano dall'essere soddisfacente, anche perchè nel match che tutti tirano fuori ultimamente (quello vinto in rimonta, in casa contro San Antonio) qualche decisione arbitrale abbastanza controversa e degli Spurs ancora in versione "regular season" hanno condizionato in maniera forte l'esito del match. Possibilità che ciò si ripeta in una eventuale serie di playoff? Bassine anzi che no.

Poco sotto, i Rockets che hanno incredibilmente smarrito il tocco magico di Adelman, dopo la serie di 22 partite vinte. Tenere quel ritmo era obiettivamente impossibile, ma dopo la serie storica, Houston è andata calando continuamente, sotto tutti gli aspetti del gioco. Piccola tirata di fiato per affrontare al meglio i prossimi mesi? Forse; ma intanto la loro posizione nella griglia di partenza è momentaneamente ridimensionata.

A chiudere il banchetto delle grandi invitate, ci dovrebbe essere Dallas, ma ai Mavericks (come temevo) l'acquisto di Kidd e la cessione della coppia Harris-Diop non ha giovato più di tanto. Buona parte delle colpe se le può ampiamente accaparrare Avery Johnson, che ha dimostrato per l'ennesima volta di non essere in grado di guidare questa squadra. Con un play del genere a disposizione e Nowitzki in campo, i compiti di Jason si limitano a consegnare il pallone al tedesco in isolamento e qualche lampo (dettato solamente dal genio dell'ex-Nets) si vede solo in transizione. Ergo, se Dallas non può correre con una certa continuità, le possibilità offensive si riducono a poche soluzioni, per altro a bassa percentuale.

La situazione ad Ovest, come avrete inteso, è parecchio ingarbugliata. Il timore che si presenti ancora una volta San Antonio con il biglietto per le Finals tra le mani, inizia a farsi largo tra gli amanti dei colpi di scena. Personalmente mi schiererò -anche se sarà difficilissimo- per vedere la favola di New Orleans giungere al gran finale.

Nella Eastern Conference la situazione è diversa. In ordine, Boston, Detroit ed i miei Cleveland Cavaliers sembrano le uniche in grado di giocarsi il titolo di campioni. Non vedo per niente bene gli Orlando Magic, che sono attualmente terzi, ma che hanno un tipo di gioco fortemente in contrasto con le logiche dei playoff. La posizione favorevole potrebbe offrire loro il passaggio del primo turno, ma se Phila dovesse scalzare Toronto al sesto posto, allora avrei i miei dubbi anche su quanto detto prima. Il resto della Eastern ha tanto l'aspetto di mero riempimento, anche confrontandolo con la Western.